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 “Scusi Signorə, Lei che pronomi usa?

Dare del Lei, mi è stato insegnato da piccola, è una forma di educazione e di rispetto verso le persone con cui non siamo in confidenza, soprattutto con le persone più anziane o con un ruolo gerarchico più alto del nostro.

A lungo mi sono interrogata sulla funzione che ha al giorno d’oggi e come si può complessificare il discorso nel mondo contemporaneo.  Finalmente, il linguaggio si sta trasformando per essere più inclusivo rispetto a tante sfumature identitarie. Ho l’impressione che ci sia uno spostamento da aspetti che distinguono le persone in base a gerarchie verso aspetti che avvicinano e che ci fanno mettere alla pari.

In passato

Il dare del “Lei” ha radici storiche e culturali piuttosto antiche. Ha la funzione di esprimere rispetto, deferenza e formalità nei rapporti interpersonali, specialmente verso persone di rango sociale superiore o sconosciute.

Durante il medioevo si inizia ad usare la terza persona per sottolineare distacco o riverenza, seguendo un modello simile a quello latino, dove l’uso del “Voi” era comune per rivolgersi a un interlocutore con rispetto. Successivamente in epoca rinascimentale nasce il “Lei” come una forma di cortesia basata sulla perifrasi della formula “la sua signoria”.

Lei vs Voi

Prima del predominio del “Lei”, l’uso del “Voi” era molto comune come il “Vous” francese ed era associato alla pluralità, simbolo di rispetto verso l’autorità o la collettività della persona.

In alcune aree del sud Italia il “Voi” è rimasto più a lungo rispetto al “Lei” e tuttora viene ancora ampiamente utilizzato in alcune zone. E’ interessante pensare, inoltre, alle varie forme di cortesia che vengono usate in altre lingue e sembra ci sia un giro dei pronomi: chi ha solo il Tu, a chi ha il Voi, il Loro, chi non usa mai il Tu, chi non cambia parole ma tono ed espressività per rispetto.

Cambiamento di tendenza verso la parità e l’informalità

Negli ultimi decenni si osserva un progressivo declino nell’uso del “Lei”, in particolare tra le generazioni più giovani e in contesti informali. Questo fenomeno è legato a diversi fattori culturali e sociali. La società moderna valorizza sempre più la parità e la vicinanza nei rapporti, riducendo la necessità di esprimere gerarchie attraverso il linguaggio. Di conseguenza, il “Tu” viene preferito al “Lei” anche in contesti come quello lavorativo in cui molte aziende promuovono una cultura più orizzontale e informale. Ora, inoltre, siamo fortemente influenzatə dall’inglese che non distingue formalmente tra “tu” e “lei” (con l’uso universale di “you”), specialmente in ambiti internazionali o giovanili e nei social media.

Nonostante il declino, il “Lei” resiste comunque in alcuni contesti formali e possiamo dire che il suo uso si sta ridimensionando drasticamente rispetto a pochi anni fa.

Ambivalenza del Lei: rispetto e ageismo

Il Lei viene molto usato per rispetto con le persone che si percepiscono come più anziane, cosicché a volte qualcunə si lamenta perché le è stato dato del Lei facendolə sentire vecchiə. In questa reazione negativa ritengo ci sia ageismo implicito. L’ageismo, infatti, indica il pregiudizio della nostra società rispetto alla vecchiaia che viene considerata come non desiderabile. Nell’ottica in cui consideriamo poco attraente, non prestante, non affascinante l’essere vecchiə diventa offensivo o problematico.

Darsi del Tu o del Lei in terapia?

Di recente ho fatto un piccolo sondaggio sui social e ho chiesto alle persone di dire se con lə psicologə preferiscono darsi del Tu o del Lei. La maggioranza ha preferito il Tu al Lei e un’altra piccola parte ha risposto “Non so”.

Se penso a questo sondaggio, alle persone con cui lavoro e ad altri ambiti della mia vita, ho l’impressione che il Lei possa essere preferibile per chi è oltre i 35/40 anni di età e non ha un’identità Queer, mentre invece di solito quasi tutte le persone più giovani e che in aggiunta fanno parte delle comunità Queer, tendenzialmente preferiscono usare il Tu. Non sono a conoscenza di eventuali ricerche a questo riguardo ma penso sia un fenomeno che abbiamo notato tuttə quantə, soprattutto se pensiamo alla variabile età. Quando invece ci concentriamo sui bisogni delle persone Queer, possiamo meglio capire che l’uso del Lei possa avere un ruolo meno rilevante rispetto all’importanza di avere una comunicazione inclusiva e rispettosa delle varie identità.

Resta comunque, soprattutto in terapia, il bisogno di tenere i confini dei ruoli, che il Lei potrebbe aiutare a salvaguardare se abbinato ad altre accortezze. Penso che la diatriba tra l’uso del Tu o del Lei in terapia sia molto interessante e complessa. Conosco colleghə che credono sia di fondamentale importanza dare del Lei per protezione del setting, altrə che usano il Tu perché credono aiuti a sentirsi alla pari e per aiutare l’apertura. Ogni motivazione credo sia valida e solitamente le persone si possono accordare in ascolto dei bisogni di ognunə, senza dare per scontato che esista la verità assoluta che va bene per tuttə.

Io preferisco, ove condiviso, darci del Tu perché credo che la relazione terapeutica si costruisca sul rapporto di fiducia.

In passato ho dato del Lei in default, per come mi era stato insegnato, poi ho iniziato a sentirlo come un formalismo che però non era garanzia dello spazio terapeutico. Creo lo spazio sicuro della terapia seguendo i bisogni della persona paziente, continuando a prendermi cura di me stessa, andando in supervisione e non smettendo mai di formarmi per offrire sicurezza, professionalità, presenza amorevole e autenticità.

Futuro delle lingue 

Le lingue continueranno a trasformarsi per riflettere nuove sensibilità culturali e sociali. La priorità, forse, non sarà più mantenere una forma di cortesia rigida, ma costruire modi di parlare che rispettino le persone nella loro complessità, identità e unicità.

Se le lingue si stanno adattando oggi per includere più persone, questo mostra quanto siano vive e capaci di rispondere ai cambiamenti della società. Forse la prossima evoluzione sarà davvero un linguaggio più orizzontale, inclusivo e paritario.

In questo senso, forse, non sarà più tanto importante stabilire se dare del Tu o del Lei. Se ci sarà attenzione e rispetto per le persone, e non per i loro ruoli sociali, ci sarà sempre più cura per un linguaggio inclusivo, per l’uso del neutro, per l’evitare il maschile universale come via più facile, per il precisare i propri e chiedere allə altrə i loro pronomi.